Separazioni e divorzi: accesso ai documenti fiscali dell’ex

UN CONIUGE PUO’ RICHIEDERE ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE LA DOCUMENTAZIONE FISCALE E REDDITUALE DELL’ALTRO CONIUGE SENZA AUTORIZZAZIONE DEL GIUDICE.

Il Consiglio di Stato, riunito in Adunanza Plenaria, ha pronunciato il 25 settembre scorso una sentenza d’indubbia rilevanza, riconoscendo il diritto di un coniuge o di un convivente di accedere alle informazioni che riguardano gli aspetti reddituali, patrimoniali e finanziari riferibili all’altro, presentando all’Agenzia delle Entrate un’istanza di accesso ai documenti amministrativi che lo riguardano ai sensi dell’art. 22 e ss. della L. 241/1990, ove ciò risponda ad un’esigenza di tutela dei diritti fondamentali correlati ad un rapporto coniugale, di convivenza e/o filiazione, ciò a prescindere dal fatto che il procedimento civile sia già stato instaurato o meno.

Per comprendere la portata della pronuncia – che risolve un contrasto giurisprudenziale in seno alla 4° sezione del Consiglio di Stato – occorre premettere un breve inquadramento normativo.

Preliminarmente, è necessario ricordare che la decisione del Giudice in merito all’attribuzione di un contributo al mantenimento del coniuge in sede di separazione o di un assegno divorzile in sede di divorzio, come anche dei contributi al mantenimento dei figli minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti non può prescindere dall’esame comparativo delle risorse economiche e reddituali di entrambi i coniugi/genitori.

E’, pertanto, imprescindibile che in giudizio tali risorse risultino allegate e provate dalla parte che avanza pretese di carattere economico per ottenere un’efficace tutela giurisdizionale dei propri diritti.

E’, altresì, evidente quanto possa essere importante avere conoscenza di tali dati prima dell’instaurazione del procedimento: per avviare proficuamente un eventuale trattativa in vista di una definizione consensuale, così come per impostare in modo corretto il procedimento e la formulazione delle domande che con esso si promuovono, evitando la radicazione di giudizi per pretese, che poi si rivelano non sostenibili.

Non esiste una norma che al di fuori del giudizio civile imponga a ciascuna delle parti di mostrare all’altra la documentazione riguardante i propri redditi, eventuali altre entrate economiche, i risparmi o altri beni di cui siano proprietarie: tutto è lasciato all’iniziativa ed alla disponibilità dei singoli o, a dirla tutta, alla tempestività del coniuge più solerte, che è riuscito in tempi non sospetti ad acquisire la documentazione dell’altro.

A giudizio instaurato, invece, i Tribunali di merito sono soliti imporre ai coniugi ai sensi dell’art. 5, comma 9, della L. 898/1970 sul divorzio, pacificamente applicabile anche ai giudizi di separazione, il deposito presso la Cancelleria delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e di ogni altra documentazione afferente il proprio patrimonio personale e quello comune, obbligo cui non sempre le parti adempiono con la dovuta solerzia ed esaustività.

Sempre il citato art. 5 riconosce al Tribunale la facoltà di disporre indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita dei coniugi, avvalendosi, se del caso, anche della Polizia Tributaria, qualora a seguito delle contestazioni mosse da un coniuge sulla documentazione prodotta dall’altro risulti necessario fare chiarezza sull’effettiva capacità patrimoniale di quest’ultimo, acquisendo ulteriori elementi per completare il materiale probatorio.

L’art. 337 ter, 6 comma, c.p.c., poi, in materia di determinazione del contributo al mantenimento dei figli, dispone che, laddove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il Giudice ha facoltà di disporre un accertamento della Polizia Tributaria sui redditi e sui beni oggetto di contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

Il decreto legge n. 132/2014, convertito nella L. 162/2014 ha, infine, ulteriormente ampliato i poteri istruttori del Giudice della famiglia, attribuendogli la facoltà di accedere con modalità telematiche alle banche dati della Pubblica Amministrazione, quali l’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e quelle degli Enti Previdenziali per acquisire le informazioni e la documentazione, di cui necessita ai sensi del surrichiamato art. 337 ter, 6° comma, c.p.c..

Tuttavia, occorre tenere presente che la normativa in esame attribuisce al Giudice una mera facoltà, che questi esercita nell’ambito dei poteri discrezionali con cui valuta i mezzi prova ed apprezza i fatti e nel pieno rispetto delle regole del contraddittorio, che presiedono il procedimento civile.

In ossequio a tali regole il Giudice non può disporre le indagini della Polizia Tributaria per fini meramente esplorativi, né per reperire elementi di prova che il coniuge interessato alle attribuzioni economiche avrebbe dovuto e potuto portare nel procedimento.

Il Giudice può disporre le indagini patrimoniali, avvalendosi della Polizia tributaria, solo per integrare le prove già acquisite al procedimento, quando residuano aspetti da chiarire che il coniuge onerato della prova non ha possibilità di completare attraverso gli ordinari mezzi istruttori.

Sarà, quindi, necessario che il coniuge che ha avanzato le richieste economiche abbia contestato i contenuti della documentazione presentata dal coniuge tenuto al mantenimento, supportando tali contestazioni con documenti prodotti in giudizio oppure in forza di fatti specifici e circostanziati confermati dai testi escussi.

È, pertanto, evidente che, se il coniuge onerato della prova non è in grado di allegare e provare tali fatti, né dispone di ulteriore documentazione e si limita a generiche contestazioni, difficilmente riuscirà ad ottenere che il Giudice disponga le indagini patrimoniali con un’evidente perdita di tutela giurisdizionale dei propri diritti.

Nell’ambito di questo inquadramento normativo, il fatto che il Consiglio di Stato abbia riconosciuto il diritto del coniuge ad accedere ai documenti dell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari dell’altro coniuge, a prescindere dalle istanze istruttorie che potranno essere formulate nel giudizio ed ai correlati poteri istruttori del Giudice della famiglia, assume una indiscussa rilevanza.

La normativa che entra in gioco è la Legge 241/1990, i cui art. 22 e ss. riconoscono il diritto di accedere ai documenti amministrativi mediante un istanza motivata da presentarsi all’Amministrazione che ha formato il documento, o che lo detiene stabilmente, al fine di esaminare ed estrarre copia dei documenti amministrativi richiesti.

Nel caso di specie si trattava di una moglie che, essendo già pendente un procedimento di separazione, nel cui ambito aveva chiesto l’addebito della separazione al marito, nonché una contribuzione al proprio mantenimento e l’assegnazione della casa coniugale, aveva presentato all’Agenzia delle Entrate un’istanza per estrarre copia della documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale del marito ( compresi eventuali contratti di locazione a terzi di immobili di proprietà e/o comproprietà del coniuge), nonché delle comunicazioni inviate dagli operatori finanziati all’anagrafe tributaria e conservate nella sezione archivio dei rapporti finanziari, relative alle operazioni finanziarie riferibili allo stesso coniuge.

L’Agenzia delle Entrate aveva negato l’accesso sulla base del fatto che l’interessato si era opposto e perché, comunque, sarebbe occorsa l’autorizzazione del Giudice investito della causa di separazione.

Il T.A.R., presso il quale la moglie impugnava il diniego, riconoscendo la rilevanza della documentazione richiesta nel giudizio di separazione per fini di tutela dei diritti azionati in giudizio, autorizzava l’accesso.

Il Consiglio di Stato, presso il quale proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, confermava il diritto della moglie di accedere ai documenti amministrativi del marito richiesti, essendo tale richiesta finalizzata alla effettiva tutela giurisdizionale di diritti fondamentali dei membri della famiglia.

Riteneva, altresì, il Consiglio di Stato che tale modalità di acquisizione non fosse esclusa dalle forme di acquisizione probatoria prevista nell’ambito dei procedimenti di famiglia, essendo semmai le due modalità cumulative e complementari.

Pertanto, alla luce di tale decisione, il coniuge interessato potrà presentare un’istanza di accesso all’Agenzia delle Entrate al fine di acquisire copia della documentazione, di cui quest’ultima dispone, in merito alla condizione reddituale, patrimoniale ed economico-finanziaria del coniuge onerato al mantenimento e, successivamente nel corso del procedimento, potrà instare in via istruttoria che il Giudice disponga ulteriori approfondimenti mediante le indagini della Polizia Tributaria, qualora dal complesso della documentazione acquisita e prodotta emerga la necessità di ulteriori chiarimenti, che la parte non è in grado di soddisfare.

L’istanza di accesso dovrà essere motivata dall’esigenza concreta ed attuale di difesa in giudizio di situazioni riconosciute dall’ordinamento giuridico come meritevoli di tutela da ricondursi alla “famiglia” in senso omnicomprensivo, comprendente quindi anche i rapporti di convivenza.

Tale esigenza dovrà essere comprovata, allegando all’istanza idonea documentazione quale il mandato conferito al proprio difensore, lo scambio di corrispondenza tra legali, copia degli atti di causa, se il procedimento è già stato promosso.

A sua volta, il coniuge, nei cui confronti è stata presentata l’istanza ai sensi dell’art. 22 e ss della L. 241/1990, potrà svolgere le proprie difese, opponendosi all’accesso, ovvero impugnando il provvedimento di autorizzazione all’acquisizione dei documenti nanti il T.A.R. competente.

Certamente costituisce valido motivo di opposizione una richiesta di accesso al fine di acquisire dati ed informazioni che non siano strettamente funzionali all’esigenza di difesa di un interesse giuridicamente rilevante in un promosso o promuovendo procedimento (di separazione o di divorzio, di regolamentazione del rapporto di filiazione o dei rapporti economici conseguenti alla cessazione di una convivenza).

Sul punto il Consiglio di Stato è estremamente rigoroso nel pretendere la sussistenza di uno stretto nesso di strumentalità concreta tra l’esigenza di difendere la situazione soggettiva allegata all’istanza ed i documenti di cui si chiede l’ostensione.

Ci si potrà, pertanto, validamente opporre ad un’istanza di accesso, che facesse riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite ad un processo già pendente oppure ancora da instaurarsi, senza indicazione della rilevanza che i documenti richiesti potrebbero avere ai fini di tutela di un ben individuato diritto (ad es. mantenimento del coniuge e/o dei figli), che deve essere parimenti allegato e comprovato.