Emergenza epidemiologica da COVID-19 I procedimenti di separazione e divorzio

Le misure adottate dal Governo Italiano per l’impellente necessità di contenere il diffondersi dell’epidemia da Coronavirus stanno mettendo a dura prova i coniugi in procinto di separarsi.

Quelli che, a mio avviso, stanno subendo maggiormente gli effetti negativi del lockdown sono i coniugi che si sono trovati a febbraio scorso all’inizio del percorso, quelli che avevano deciso di separarsi ma non avevano ancora raggiunto un accordo sulle condizioni della separazione e, quindi, nessun procedimento era stato ancora radicato.

Così, mentre gli Avvocati hanno cercato di portare avanti la trattativa, auspicando di giungere ad una definizione consensuale della separazione, i clienti si sono trovati sospesi in un limbo, una situazione indefinita, che è già di per sé pesante nelle situazioni normali, quando è possibile organizzare le giornate in modo da incontrarsi in casa il meno possibile, per evitare litigi e discussioni, figurarsi quando si è costretti a stare sotto lo stesso tetto, insieme, 24 ore al giorno.

Una polveriera nella quale sovente basta poco per accendere gli animi e dar voce a tutta quella congerie di sentimenti, che di norma in questa fase nessuno dei due coniugi ha ancora metabolizzato, nemmeno quando la decisione di separarsi è stata presa di comune accordo (rabbia, rancore, frustrazione, senso di fallimento, di rivalsa, d’impotenza, risentimenti reciproci …).

Anche per noi Avvocati non è stato semplice dar loro un supporto concreto, che, in ogni caso, mai come ora, non poteva prescindere dalla capacità di ogni cliente di superare una visione soggettiva e personalistica degli avvenimenti per rendersi disponibili a collaborare ed a trovare soluzioni condivise e di buon senso.

Non è sempre facile, né scontato, nemmeno in situazioni emergenziali come quella presente, anche perché il fatto di non sapere quando sarà possibile formalizzare concretamente la separazione non fa che esasperare ulteriormente gli animi.

Infatti, in questo periodo di sospensione delle attività giudiziali, anche nelle ipotesi in cui si fosse riusciti a trovare un accordo su tutte le condizioni della separazione, a redigere il ricorso e ad depositarlo, non vi sarebbe stata alcuna possibilità di sapere entro un breve termine quando avrebbe potuto aver luogo l’Udienza Presidenziale, a meno che il procedimento non avesse rivestito carattere di urgenza.

Ricordo, infatti, che in forza dei vari provvedimenti governativi, che si sono succeduti in questo periodo, tutte le udienze dei procedimenti di separazione e di divorzio che avrebbero dovuto aver luogo tra l’8 marzo e l’11 Maggio sono state rinviate d’ufficio.

I soli procedimenti non sospesi – per quanto rileva ai fini della presente trattazione – sono stati quelli concernenti gli alimenti e le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, quelli concernenti l’adozione di provvedimenti contro gli abusi familiari e quelli la cui ritardata trattazione avrebbe prodotto grave pregiudizio alle parti.

Quindi, certamente, tutti i procedimenti di separazione o di divorzio giudiziale, nei quali sono stati allegati episodi di abusi familiari e richiesti i correlati ordini di protezione, non sono stati sospesi.

Quanto alle fattispecie rientranti nelle “cause relative agli alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità” non è stata data risposta univoca da tutti i Tribunali Italiani, che si sono ciascuno dotati di linee guida per gestire questa fase estremamente difficile e complicata anche per l’amministrazione della giustizia.

Alcuni Tribunali hanno interpretato restrittivamente la previsione, circoscrivendola alle cause riguardanti la richiesta di alimenti in senso stretto, ovvero dei mezzi minimi di sussistenza per chi versa in stato di bisogno e non può provvedere al proprio mantenimento.

Altri Tribunali hanno ritenuto dovessero rientrare in tale ipotesi anche i procedimenti concernenti gli obblighi di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli (art. 316 bis C.c.) ed i procedimenti volti ad ottenere l’accredito diretto da parte del terzo (tipicamente il datore di lavoro) dei contributi al mantenimento del coniuge e/o dei figli, in caso di inadempienza dell’altro coniuge onerato del pagamento in forza di quanto disposto in sede di separazione o di divorzio.

Altri Tribunali ancora hanno compreso nella fattispecie delle cause cd. alimentari anche i procedimenti di separazione e di divorzio e quelli riguardanti figli di coppie non sposate, nei quali sono state proposte domande di carattere economico relative al mantenimento, allineandosi, così, con quanto indicato nella relazione illustrativa, che ha accompagnato l’adozione del D.L.18/2020, che ha richiamato il concetto di obbligazione alimentare come inteso nelle disposizioni euro unitarie ed in particolare il Regolamento 4/2009 CE (art. 1).

In ogni caso, ove ritenuto non incluso nell’ipotesi ex lege sopra indicata, è stato comunque sottratto all’obbligo di sospensione e di rinvio d’ufficio ogni procedimento in materia di diritto di famiglia, implicante la regolamentazione di obblighi di contribuzione al mantenimento del coniuge e/o dei figli o la regolamentazione del rapporto genitoriale, ove sia stato allegato dalla difesa un motivo di urgenza riconducibile, ad esempio, ad una particolare conflittualità dei coniugi o ad asserite incapacità genitoriali o a rilevanti disagi dei figli o ancora a gravi difficoltà economiche di una delle parti in quanto procedimento, la cui ritardata trattazione avrebbe arrecato grave pregiudizio alle parti.

Indubbiamente, l’incerto dato normativo non ha aiutato.

Io ritengo che, per quanto non fosse semplice trovare un giusto bilanciamento nella tutela di due diritti entrambi fondamentali per la persona e di rango costituzionale (salute e famiglia), peraltro in tempi estremamente rapidi, il legislatore avrebbe dovuto essere più chiaro e coraggioso perché, in definitiva, i procedimenti del diritto di famiglia hanno peculiarità proprie che rendono sempre, tranne poche eccezioni, pregiudizievole in re ipsa la ritardata trattazione e ciò, soprattutto, se le parti sono del tutto prive di una regolamentazione dei loro rapporti.

Ad esempio, quando viene proposta una domanda di divorzio, le parti hanno la regolamentazione adottata in sede di separazione, su cui possono continuare a fare riferimento, sono quindi maggiormente in grado di sostenere un rinvio della trattazione del procedimento, a meno che non alleghino circostanze nuove, sopravvenute che ne rendano urgente una modifica nella fase del divorzio.

Al contrario, in una separazione giudiziale, nel cui ambito non ha ancora avuto luogo l’udienza Presidenziale, le parti non hanno alcun riferimento che possa aiutarli nella gestione della relazione entrata in crisi con gravità tale da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza.

E non è da escludere che anche i coniugi, che si separano consensualmente, abbiamo bisogno di ottenere quanto prima una definizione del procedimento.

Spesso, dietro a ricorsi presentati congiuntamente esistono situazioni di grande disagio personale, difficoltà relazionali, contrasti non sanati, per superare i quali è necessario poter mettere un punto fermo per ricominciare con nuove prospettive e maggior serenità, anche per il benessere dei figli.

Nell’ambito delle misure emergenziali, i procedimenti di separazione o di divorzio, consensuali o giudiziali, privi del requisito dell’urgenza, hanno, quindi, subito inevitabilmente il rinvio d’ufficio delle udienze già fissate nei mesi di Marzo ed Aprile, nelle migliori delle ipotesi, a giugno o luglio, se non già a settembre prossimo ed ai mesi successivi.

In molti Tribunali le nuove udienze non sono state ancora calendarizzate nemmeno con riferimenti ai procedimenti connotati dall’urgenza.

Ancor meno rosea è la prospettiva dei procedimenti per separazione consensuale o divorzio congiunto, non urgenti, depositati in questi mesi di sospensione (ove consentito).

Ricordo, infatti, che nello stesso arco temporale (2 Marzo – 11 Maggio) sono stati interdetti gli accessi fisici alle Cancellerie da parte degli Avvocati, cui è stato consentito esclusivamente il deposito degli atti per mezzo del processo telematico (PCT) con assoluta priorità alle istanze contraddistinte dal requisito dell’urgenza.

Le Cancellerie dei Tribunali hanno avuto difficoltà operative di non poco conto: si sono trovate ad operare con organici ridotti ai minimi termini e l’impossibilità per il personale a casa di accedere da remoto al PCT.

Alcuni Tribunali hanno ricevuto un numero tale di istanze “urgenti” che le Cancellerie nemmeno sono riuscite ad accusare telematicamente ricezione di tutte e programmarne i relativi adempimenti.

Il 12 maggio avrà termine il periodo di sospensione e l’amministrazione della giustizia potrà riprendere il suo corso.

Il Consiglio Nazionale Forense ha già dato alcune indicazioni relative ai procedimenti del diritto di famiglia per il periodo fino al 30.6.2020, al quale ciascun Tribunale ha fatto o farà riferimento, tenendo però anche conto delle proprie reali possibilità operative.

Il principio generale è quello di fare ricorso preferenziale alle modalità della trattazione scritta e delle udienze da remoto, già introdotte per i procedimenti urgenti non sospesi nel periodo emergenziale.

Per quanto concerne i procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto si è previsto che gli Avvocati possano chiederne la trattazione scritta.

Ciò avverrà mediante il deposito telematico di un’istanza sottoscritta dalle parti, nella quale ciascun coniuge consapevolmente dovrà rinunciare a comparire all’udienza, dovrà dichiarare di non volersi conciliare e dovrà confermare di volersi separare o di voler divorziare alle condizioni di cui al ricorso introduttivo.

Al deposito di tale istanza seguirà l’omologa della separazione o la sentenza del divorzio, previo parere del P.M. in presenza di figli minorenni.

Per quanto riguarda, invece, le separazioni ed i divorzi contenziosi verrà data preferenza alle udienze tramite collegamento da remoto, ove entrambi i difensori comunichino al Tribunale la conformità di tale soluzione con le esigenze della difesa ed il Giudice non sia di contrario avviso con riferimento alle peculiarità del caso concreto (dare maggiore incisività al proprio intervento di mediazione, laddove la conflittualità sia elevata oppure sia richiesto dalla presenza di figli minori).

Nel caso si proceda da remoto è preferibile che le parti si rechino ciascuno nello studio del proprio difensore, da dove verrà effettuato il collegamento.

Ove, invece, necessaria, la comparizione personale delle parti, verrà fissata un’udienza che dovrà svolgersi nel rispetto di tutte le prescrizioni ministeriali e del capo dell’Ufficio Giudiziario finalizzate al contenimento della diffusione dell’epidemia.

Nel caso debba essere espletata una C.T.U., ad esempio sulle competenze genitoriali, il conferimento dell’incarico e le altre formalità connesse verranno espletate con lo scambio di scritti tra il Giudice ed il Consulente mediante il PCT.

Nel caso si debba procedere all’audizione dei servizi sociali o alla comparizione del C.T.U. a chiarimenti si darà preferenza all’udienza da remoto.

L’ascolto del minore potrà essere effettuato solo ove assolutamente indispensabile ed avverrà di persona negli uffici del Tribunale, sempre nel rispetto delle prescrizioni ministeriali, o in modalità da remoto (ciò preferibilmente se il minore ha un curatore).

Insomma, la buona volontà di ricominciare non manca, ma bisogna fare i conti con le effettive risorse a disposizione di ogni Tribunale e l’enorme quantità di lavoro che in questi mesi di inattività si è accumulato e dovrà essere organizzato, programmato e ricalendarizzato.

Dovremmo chiedere ai clienti grande resilienza.